Disturbo da somatizzazione

Secondo il DSM-IV-TR (dall'American Psychiatric Association (APA), il Disturbo da somatizzazione va considerato come un tipico esempio di classificazione nosografica residuale, ossia per esclusione: quando i medici organicisti non sono in grado d'approdare ad alcuna diagnosi e terapia efficaci, allora riconducono il soggetto e il suo caso clinico all'interno di quest'etichetta. Ma gli stessi psichiatri brancolano nel buio riguardo a eziologia e cura. Pertanto di regola ci si limita a un trattamento solo sintomatico e palliativo.
Nel descrivere il disturbo da somatizzazione parto dal un presupposto fondamentale: la distinzione mente corpo è del tutto artificiale, un disagio o un conflitto psichico spesso si riversa, dal punto di vista sintomatologico, sul corpo e viceversa. I sintomi fisici, anche laddove non esista una diagnosi riconosciuta, sono reali e non pura fantasia della persona che li avverte e ne soffre. In questo caso la persona, dopo aver escluso problemi fisici concreti può ipotizzare che stia somatizzando alcuni disagi della vita quotidiana e/o problematiche non risolte nel corso del suo sviluppo e chiedersi se può essere utile, invece di continuare la ricerca sul piano medico, di spostarla su quello psichico. Dalla mia esperienza personale molti dei problemi psicosomatici sono stati affrontati e risolti con la psicoterapia. Questo perché accogliere il problema, creare uno spazio nel quale parlarne ed affrontarlo all'interno di una narrazione più ampia della propria vita personale e relazionale, favorisce una consapevolezza emotiva e cognitiva maggiori, che ha un effetto benefico anche e soprattutto sul corpo e sui propri sintomi oltre che nell'intera qualità della vita.